Tag Archivio per: Inadeguatezza

Anoressia Esistenziale; la fame che non si vede

C’è un termine: Anoressia Esistenziale, usato da noi analisti, che descrive una fame che non si vede. Una fame che non si misura in calorie, ma in senso. Non ha a che fare con il cibo, almeno non direttamente, eppure si nutre — o meglio, si nega — ogni giorno a tavola, davanti allo specchio, nei pensieri che si rincorrono nel silenzio, ma non solo. L’ Anoressia Esistenziale, è un concetto che va oltre la diagnosi clinica e che si insinua nello stile di vita, nei valori, nei rituali di chi vive un rapporto profondo e doloroso con il proprio corpo e la propria identità.

L’anoressia, vista in questa prospettiva, non è più solo un disturbo alimentare (in certi casi il disturbo, così come lo conosciamo, può anche non essere evidente). È un modo di essere nel mondo, un linguaggio esistenziale che parla di vuoto, di controllo, di perfezione, di rifiuto. Dietro ogni pasto saltato non c’è solo il desiderio di essere magri, ma la ricerca di qualcosa che dia un senso alla propria esistenza. È una ribellione silenziosa contro l’eccesso, il caos, l’invasività della realtà. L’anoressica non dice semplicemente “non ho fame”: sta dicendo “non voglio vivere così”.

L’Anoressia Esistenziale si esprime nella ricerca estrema di purezza, nella riduzione di ogni atto all’essenziale. In un mondo che corre, consuma, pretende, l’anoressica sceglie il silenzio, la leggerezza, la sottrazione. Sceglie di “non essere” per non dover affrontare ciò che essere significa. È una forma di spiritualità distorta, che trasforma il corpo in tempio da purificare e la mente in giudice implacabile. Spesso, rappresenta il segno di una comorbidità con un disturbo della personalità.

Uno dei tratti più intensi di questo stile di vita è il bisogno assoluto di controllo. Sul cibo, sul corpo, sulle emozioni. Ma sotto questa facciata di forza si nasconde spesso una fragilità profonda. Il controllo diventa l’unico modo per non essere travolti dal senso di inadeguatezza, dalla paura di fallire, dall’angoscia di non essere mai “abbastanza”. Così, paradossalmente, chi cerca di dominare tutto finisce per essere dominato da un pensiero fisso, un’ossessione che consuma ogni altra parte della vita.

L’Anoressia Esistenziale è un grido, ma silenzioso. Non urla, non chiede aiuto apertamente. Si mostra spesso come una forma di disciplina, di successo, di forza di volontà. Ma dietro la maschera c’è spesso una solitudine immensa. Chi ne soffre non vuole “solo” essere magra: vuole essere vista, riconosciuta, amata. Vuole trovare un posto nel mondo in cui sentirsi degna di esistere.

Riconoscere l’Anoressia Esistenziale, quando emerge in analisi, significa andare oltre la bilancia. Significa ascoltare le domande di senso, le paure, i bisogni emotivi che il corpo sta cercando di esprimere. Non basta offrire un piatto in più: serve offrire uno spazio sicuro, in cui le emozioni possano emergere senza giudizio.

Se conosci qualcuno che vive questo tipo di sofferenza, ricorda: non serve forzare, ma esserci. Con pazienza, con empatia, con rispetto. E se sei tu a sentirti in questo modo, sappi che non sei sola. Esistono terapeuti, gruppi di ascolto, comunità virtuali che possono aiutarti a ritrovare il gusto della vita, a piccoli passi. L’Anoressia Esistenziale non si combatte solo con le forchette, ma con la consapevolezza. Con la capacità di guardare oltre il corpo e di ascoltare quello che l’anima ha da dire. Perché a volte, il vero nutrimento non viene dal piatto, ma da uno sguardo che ci dice: “sei abbastanza, anche così”.