La depressione bipolare nel post-partum
Diciamolo chiaramente: la depressione bipolare nel post-partum non è una forma di tristezza passeggera. Non si risolve con qualche ora di sonno in più o con un “Dai, goditi il bambino!”. È una condizione seria, spesso non riconosciuta e confusa con la cosiddetta baby blues che richiede uno sguardo clinico esperto. Come psicoterapeuta che lavora da anni con pazienti affetti da disturbo bipolare, posso dirti che il periodo post-partum è una finestra delicatissima per i disturbi dell’umpore.
Ed è qui che entra in gioco l’importanza della diagnosi corretta. Perché molte volte quella che viene etichettata come depressione post-partum è in realtà l’esordio di un disturbo bipolare.
Pochi sanno che circa il 20-25% delle donne che manifestano sintomi depressivi dopo il parto stanno in realtà sviluppando un disturbo bipolare. E se ci si limita a trattare solo il versante depressivo (magari con antidepressivi in monoterapia), il rischio è altissimo: può scatenarsi una virata maniacale o un rapid cycling difficile da controllare.
Cosa rende tutto questo ancora più complicato? Che spesso non ci sono precedenti psichiatrici noti. La gravidanza e il parto possono fungere da veri e propri agenti scatenanti per il primo episodio bipolare. E sì, può accadere anche nelle donne più apparentemente funzionali, preparate e resilienti.
Inoltre, i sintomi non sono sempre eclatanti: si può oscillare tra una depressione profonda (apatia, insonnia, senso di colpa sproporzionato, pensieri di autosvalutazione) e momenti di energia euforica, creatività esagerata, irritabilità. Il tutto condito da notti insonni… ma non per colpa del neonato.
La buona notizia è che si può intervenire in modo efficace, purché si comprenda il quadro clinico reale. E qui la psicoterapia gioca un ruolo fondamentale. Ma non da sola: serve spesso una collaborazione stretta con lo psichiatra, perché il trattamento richiede equilibrio farmacologico e supporto psicologico costante.
Come terapeuta, uno dei miei primi obiettivi è aiutare la neomamma a dare un senso a ciò che le sta accadendo, senza colpevolizzarsi, ma anche senza minimizzare. Normalizzare non significa banalizzare: significa dire “Non sei tu che sei sbagliata. È un momento complesso, e il tuo cervello sta reagendo a un’enorme tempesta bio-ormonale.”
Spesso si lavora anche con il partner e la famiglia, per costruire una rete contenitiva e prevenire ricadute. Psicoeducazione, tecniche di regolazione emotiva, strategie per la gestione del ritmo sonno-veglia (che nei disturbi bipolari è un punto chiave!) fanno parte del percorso terapeutico.
Se dopo il parto ti senti in preda a sbalzi di umore importanti, se hai momenti di euforia seguiti da crolli improvvisi che perdurano. se il sonno è un incubo anche quando il bambino dorme non aspettare che tutto passi da solo. Parlane con il tuo ginecologo/a, o con un medico addestrato nella diagnosi e nella terapia del disturbo bipolare. Prima si interviene, maggiore è la possibilità di contenere gli episodi e ridurre il rischio di cronicizzazione.
E ricorda: non è colpa tua e non sei sola, hai soltanto bisogno di un aiuto specifico, mirato, competente.

