La deprescrizione, ovvero il processo di riduzione, diminuzione o interruzione dei farmaci che non sono più utili o necessari, è un concetto emergente in psichiatria. Mentre storicamente l’attenzione nella cura della salute mentale si è concentrata sulla prescrizione di farmaci appropriati per gestire condizioni come la depressione, l’ansia e il disturbo bipolare, viene sempre più riconosciuta l’importanza di valutare attentamente quando e come ridurre (o interrompere) questi trattamenti.

I farmaci psichiatrici, come gli antidepressivi, gli antipsicotici e gli stabilizzatori dell’umore, hanno rivoluzionato la cura della salute mentale, offrendo ai pazienti un sollievo da sintomi debilitanti e migliorando la qualità della vita di milioni di persone. Tuttavia, l’uso a lungo termine di questi farmaci può comportare notevoli svantaggi. Gli effetti collaterali, le interazioni farmacologiche e la potenziale dipendenza da farmaci sono problemi che pazienti e medici devono affrontare. Inoltre, farmaci che sono stati utili possono diventare inutili o addirittura dannosi quando i sintomi dei pazienti cambiano.

La deprescrizione è particolarmente importante in psichiatria perché le malattie mentali sono spesso croniche e fluttuano in intensità. Ciò che funziona bene durante un episodio acuto può non essere necessario a lungo termine. Per esempio, un paziente che inizialmente richiedeva una dose elevata di antipsicotico durante una fase acuta della sua schizofrenia potrebbe aver bisogno di una dose inferiore – o addirittura nulla – dopo che i sintomi si sono definitivamente stabilizzati. Allo stesso modo, l’uso a lungo termine di benzodiazepine per l’ansia può portare alla dipendenza, richiedendo un’attenta riduzione della dose per evitare sintomi di astinenza.

La deprescrizione in psichiatria dovrebbe consistere in un processo di collaborazione tra il paziente e il medico. Si tratta di fare una valutazione approfondita dei sintomi attuali del paziente, dei benefici e dei rischi derivanti dalla continuazione o dalla sospensione dei farmaci, nonché delle preferenze e delle esperienze soggettive del paziente. Solitamente, quando si opta per una deprescrizione di un determinato farmaco, si raccomanda una riduzione graduale del dosaggio al fine ridurre al minimo i sintomi da sospensione e il rischio di ricaduta.

Come parte di un piano di deprescrizione, bisognerebbe anche prendere in considerazione trattamenti non farmacologici. La dieta, la psicoterapia, i cambiamenti nello stile di vita e il sostegno sociale possono svolgere un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute mentale durante la fase di riduzione o la sospensione dei farmaci.

La deprescrizione in psichiatria non significa abbandonare del tutto i farmaci, ma trovare il giusto equilibrio nella loro somministrazione. Mi riferisco qui a un modello di assistenza centrato sul paziente, che mira a ottimizzarne il benessere generale utilizzando il minor numero di farmaci necessari. Con la continua evoluzione delle cure per la salute mentale, la deprescrizione diventerà anche in Italia probabilmente l’aspetto più importante dei piani di trattamento personalizzati, assicurando che i pazienti ricevano le cure più appropriate ed efficaci per tutta la vita.

Attualmente, i sanitari che mettono in pratica la deprescrizione sono guardati dai colleghi talora come pionieri, talora come stunt-men, talora come antipsichiatri. E, se me lo chiedete, posso dirvi che non si tratta certo di una posizione comoda, esattamente come non lo era quella di Galileo quando insegnava a Padova.